Parlasco

CENNI STORICI

L'attuale comunita' montana fu abitata nell'antichita' da popolazioni di origine mediterranea (I Liguri), ai quali si sovrapposero, nell'eta' del ferro, tribù di origine indo-europee di celti. I Galli da popolazioni nomadi guerriere divennero stanziali fondendosi con le popolazioni già presenti sul territorio, infatti gran parte della toponomastica dei paesi che ci circondano fa risalire la propria origine alla lingua celtica. A partire dal 196 a.c. i nostri territori entrarono a far parte dell'impero romano, che latinizzo' l'antico linguaggio creatosi ligure-celtico. Reperti archeologici di tombe di guerrieri pastori messe a guardia dei passi strategici, monili frecce e armi vengono rinvenuti a Esino, Introbio, Casargo, Barzio, Baiedo e sono conservati nel "Museo delle grigne" di Esino Lario.

Il governo romano valorizzo' le risorse di queste terre, quali i giacimenti metalliferi di Introbio e Premana. La lavorazione del ferro per la produzione dei fucinati e trafilati impegnarono per secoli parte della popolazione e la Comunita' fu gran fornitrice di Milano sino al 1700. Altro fattore di civilta' fu la presenza d'importantissime strade che sin dai tempi preistorici attraversarono il territorio in direzione Pianura Padana - centro Europa. Tra questa la piu' importante era la strada che salendo da Lecco, raggiungeva Introbio, quindi Biandino, superava la bocchetta di Trona e scendeva in Valtellina; l'altra seguendo il fondo Valle arrivava a Taceno scendendo a Bellano.

Queste vie permisero, alla Valsassina tutta, di civilizzarsi per il passaggio di mercanti e pellegrini, ma portarono con se invasioni e con loro devastazioni e lutti nel susseguirsi delle guerre che via via nei secoli hanno caratterizzato la storia della nostra valle.

Comune montano dell'alta Valsassina, il territorio di Parlasco risale al fiume Pioverna fino alle pendici del Sasso Mattolino e al Passo d'Agueglio. Il collegamento con la strada della Valsassina era costituito una volta dalla mulattiera, che partiva da Tartavalle, dove il Pioverna entra nella Val Muggiasca per andare al lago, detta "La Bissaga", come il nome della strega di Tartavalle. Della Bissaga e del terribile bandito seicentesco che proprio a Parlasco aveva la sua sede, "Lasco il bandito della Valsassina", parla Antonio Balbiani in un famoso romanzo storico pubblicato a Milano nel 1881, e in ricordo del quale, nel 1938, si organizzarono a Parlasco grandiose rappresentazioni. Parlasco faceva parte della Squadra dei Monti, che aveva diritto ad avere dei propri rappresentanti nel Consiglio della Valle che si riuniva ad Introbio, insieme alle comunita' della Muggiasca di Narro e Indovero, di Perledo e di Esino. Divenne quindi anch'esso feudo della Famiglia Monti nel 1647. Per la sua posizione di controllo su vari passi, Parlasco doveva avere diverse fortificazioni munite, tra cui da ricordare la Rocca di Marmoro, che proteggeva l'entrata nella valle dalla parte di Bellano, citata come dipendente da Primaluna nel 1368, e quella del "Portone", una porta anticamente edificata lungo la mulattiera per chiuderne l'accesso.

Anche Parlasco fu colpita dalla peste di Manzoniana memoria portata nel 1630 dai lanzichenecchi che seminarono morte e distruzione nell'abitato come in tutti i paesi della valsassina e della muggiasca, come ricordato dal Medico milanese, ufficiale della sanita' in quell'epoca, Alessandro Tadino.

La chiesa parlaschina di S. Antonio Abate sembra risalire al XV sec. ed il campanile è del 1780. Anticamente i defunti venivano portati nel cimitero di Taceno, con gravi disagi sopratutto d'inverno, cosicche' nel 1614 il cardinale Federico Borromeo concedeva di aprire una tomba nell'oratorio di Sant'Antonio, da usarsi quando i ghiacci e le nevi non permettevano di raggiungere il fondovalle.
Il cimitero locale venne poi aperto nel 1835.
A Parlasco nacque l'illustre poeta e letterato Paolo Emilio Busi, detto "Il Parlaschino", che dopo aver frequentato Parigi per i suoi studi, fu professore a Como, e mori' nel 1563, le ceneri si trovano tutt'ora a Riva di Gittana, nel territorio perledese. L'economia locale era prevalentemente agricola e si basava su piccole coltivazioni di cereali, ma soprattutto sullo sfruttamento di pascoli e boschi, che danno numerose castagne e legna, sull'allevamento bovino, e fino alla fine del XIX secolo sullo sfruttamento minerario delle cave di manganese (Caveè) i cui ruderi sono ancora visibili sopra l'abitato e raggiungibili facendo un'escursione di media difficolta'.